No davvero. Mai un attimo di pace, per Oscar Pistorius, arrivato a Daegu per coronare il sogno di correre con i "normodotati" (sembra un insulto) ma costretto ad applaudire dalla tribuna l'argento conquistato dai suoi compagni nella staffetta 4×100 (Shane Victor, Ofentse Mogawane, Willem de Beer e L.J. Van Zyl, bronzo nei 400 ostacoli, che ha rimpiazzato Pistorius dopo la semifinale). Certo, questa volta si tratta di una scelta tecnica, annunciata dal team manager Magda Botha, non dell'ennesimo problema legato alle sue protesi, ma tanto è bastato per farlo twittare sconsolato: "Non sono stato incluso nella finale per la staffetta uomini 4×400. Abbastanza sconfortato". Accidenti. Claudio Arrigoni -La Corea di Oscar. Perché Pistorius sì. Grazie alla scienza (e al cuore)- pochi giorni fa, scriveva che "Oscar dà (speranza) a milioni di persone che non vanno dimenticati, specie per chi fa politica sportiva". Allora, va bene così. Pistorius (ne parla sempre Claudio, nel suo blog) si chiedeva: "Perché mi studiano così? Ma perché usano metodi da 007, di cosa hanno paura?". E' la paura del diverso (evito le virgolette, ma la risposta arriva sempre da Arrigoni). Beh, a che punto siamo, oggi, dopo l'esclusione dalla finale? Pistorius è tornato a fare paura o non è più il "diverso", il "cyborg" da additare come fenomeno? Una delusione è una delusione, ovvio, ma, se il suo tecnico si fosse basato solo sulle qualità di Oscar e di Van Zyl, valutando quale dei due atleti gli desse maggiori garanzie in una gara tanto importante, non sarebbe un segnale fantastico, per il futuro di Pistorius e di chi sogna di raggiungere i suoi risultati?